SU UNA PANCHINA IN ATTESA DEL TRENO Alla Stazione del Paese, sotto una lunga pensilina di legno, rotaie d’acciaio a destra e a sinistra permettevano ai treni di sfrecciare velocissimi. Ma ogni tanto, alcuni si fermavano e ripartivano senza esitazione, dopo aver fatto scendere e salire i passeggeri. “Din, don!” I rintocchi sembravano raccontare nuove storie ogni ora.
SU UNA PANCHINA IN ATTESA DEL TRENO
Alla Stazione del Paese, sotto una lunga pensilina di legno, rotaie d’acciaio a destra e a sinistra permettevano ai treni di sfrecciare velocissimi. Ma ogni tanto, alcuni si fermavano e ripartivano senza esitazione, dopo aver fatto scendere e salire i passeggeri.
Il nonno aveva promesso più volte al nipote di portarlo a visitare la stazione ferroviaria vicino a casa, ed era proprio lì, in piedi sul marciapiede accanto a lui, che per la prima volta aspettava l’arrivo di un treno. Dopo qualche minuto si sentì un campanello seguito dall’annuncio dell’arrivo.
“Treno numero 75265 in arrivo sul binario 2. Viene da quel posto per andare in quell’altro. Fate attenzione e salite se è il vostro. Aspetta poco perché è in ritardo, tanto per cambiare...”
Dopo poco, la locomotiva si avvicinò rapidamente e, rallentando, arrivò di fronte a loro in un attimo.
Il bambino non aveva mai visto nulla di così impressionante. Aggrappandosi ai pantaloni del nonno, si nascose e urlò:
“Aiuto, aiuto, aiuto!”
Ai suoi occhi il treno appariva come un gigante di ferro, decorato con strani disegni e incredibilmente misterioso. Una macchina viaggiante su rotaie. Un lungo serpente meccanico, veloce come una saetta: impressionante e sconosciuto, ma allo stesso tempo affascinante.
I passeggeri in arrivo scesero dalle porte aperte dei vagoni, e quelli pronti per la partenza salivano subito dopo. Altri andavano avanti e indietro con il loro bagaglio, controllando gli orari sui tabelloni luminosi e montando sul treno che li avrebbe portati dove desideravano.
“Forse non è un mostro come sembra. Gli adulti non hanno paura come me.”
Pensava il bambino, facendosi coraggio e guardando il nonno, che gli sorrideva prendendolo per mano. Rimasero per un po’ alla stazione, seduti sulla panchina a guardare i treni passare, il capostazione che fischiava e la gente che andava e veniva.
Sul tramonto, il nonno comprò due gelati alla fragola e pistacchio dal bar della stazione e, gustandoseli, si incamminarono felici verso casa.
Alcuni giorni dopo era il compleanno del nipote. Il nonno non aveva avuto dubbi sul regalo. Tornarono alla stazione e, una volta procuratisi due biglietti, gli disse:
“Adesso sei abbastanza grande per viaggiare, quindi partiamo per questa tua prima avventura. E vedrai quante ne vivrai quando diventerai grande.”
I biglietti erano piuttosto particolari. Infatti, quando il nonno aveva fatto presente che erano per il primo viaggio del nipotino, l’impiegato allo sportello chiamò il Capo Stazione che, una volta aggiornato sulla situazione, tirò fuori dal taschino due biglietti colorati con scritto sopra:
Destinazione: Stazione Fine Della Corsa
Treno Numero 18674
Validi per Andata e Ritorno
Binario: 2 e 1/2, quasi 3
Validi se c’è il sole, piove, nevica, o tira vento
Popcorn e souvenir ricordo inclusi
“Boh, che strano.”
Pensò il nonno, grattandosi la testa sotto il cappello.
“Ma come tutti sanno bene, del Capo Stazione ci si può fidare.”
Quindi prese per mano il nipotino e si incamminarono verso il Binario 2 e 1/2, quasi 3.
Alcune panchine erano occupate da passeggeri in attesa, ma una era libera e così si sedettero l’uno vicino all’altro. L’emozione vibrava nell’aria come stormi di uccelli migranti verso terre lontane, e l’immaginazione per l’avventura che stava per iniziare cominciò a prendere forma, mentre un venticello leggero sfiorava i loro volti.
Il treno era in arrivo!
Un fischio, uno stridio dei freni mentre la locomotiva rallentava, e poi il ronzio dei motori. L’annuncio vocale confermò l’arrivo e la destinazione esatta:
“Attenzione, attenzione, Treno Numero 18674 in stazione. Partenza imminente per destinazione: Stazione Fine Della Corsa. Tempo incerto durante il viaggio, ma va bene così perché tanto non ci si può far niente. Popcorn caldi e croccanti serviti per tutta la durata del viaggio.”
Una volta fermatosi completamente, le portiere si aprirono con un lieve cigolio. Nessuno scese, ma salirono molte persone e in poco tempo tutti i sedili furono occupati, tranne uno in fondo al vagone, dove il nonno si accomodò e il nipote, seduto sulle sue ginocchia, si sentiva al sicuro.
Il bambino osservava con attenzione tutto ciò che lo circondava. Nel vagone, alcuni sedili erano girati in avanti ed altri indietro.
“Quali seguivano la direzione giusta?”
Si chiese per un secondo, ma immediatamente con la sua creatività e fantasia, iniziò a trasformare i viaggiatori in pedine su una scacchiera, pronte per un gioco immaginario.
C’era un uomo molto alto e grosso in piedi, all’inizio del vagone, con barba lunga e capelli scuri.
“Ecco un orco!”
Vicino a lui, una donna paffuta e con lineamenti marcati.
“Sicuramente è la signora orca.”
Al centro del vagone, una ragazza bionda con occhi celesti intenta a leggere sul telefonino.
“Ecco una principessa!”
Un uomo super tatuato, con tre orecchini per ogni orecchio e storie incise sulla pelle, aveva un’aria da chi ne ha viste di tutti i colori.
“Ecco un esploratore!”
Un po’ più indietro, una ragazza con un cappello di paglia in testa, grande quasi da coprirle il volto, un abito leggero e braccialetti che le adornavano i polsi:
“Ecco una turista!”
“Come era possibile collegare in una storia tutti quei personaggi fra di loro così diversi?”
Si stava chiedendo mentre il treno iniziò a sbuffare sempre più forte, attraversando pianure, gallerie e colline, finché la voce dell’altoparlante annunciò:
“Attenzione, attenzione, il treno è in arrivo alla Stazione Fine Della Corsa. Invitiamo tutti i passeggeri a prepararsi alla discesa.”
Un rallentamento, poi una frenata leggera, fino a fermarsi.
“Wow! Stupefacente!”
Le porte del treno non si aprirono, ma le pareti laterali scesero fino a terra, permettendo ai viaggiatori di camminare direttamente sul marciapiede.
Una leggera foschia oscurava la visuale della stazione, ma il gruppo sceso dal treno fu inebriato da un odore di prelibatezze tostate e zucchero filato. Seguendo la dolce scia profumata, raggiunsero una grande piazza con al centro una statua dalla cui bocca gigantesca uscivano getti d’acqua e, tutto intorno, un giardino fantastico.
Quando la nebbia si dissolse completamente, uno stormo di pappagalli dai colori brillanti e chiacchierini apparve dal nulla e iniziò a volteggiare. Poi, ad un tratto:
“Che sorpresa, guardate chi c’è!”
Esclamarono tutti in coro.
Mary Poppins, in bicicletta e con il suo inseparabile ombrello, stava pedalando nel giardino.
“Perché sei qui?”
Chiesero i pappagalli, curiosi e furbetti.
“Sono qua a raccogliere, nell’ombrello rovesciato, i desideri dei bambini. Poi i miei amici spazzacamini li riconsegneranno alle loro case, trasformati magicamente in sogni pronti per essere realizzati.”
“Craa, craa, anche noi abbiamo un desiderio: volare intorno al mondo senza meta e senza fretta.”
“Bene, bene,” rispose Mary Poppins. “Qual è il vostro indirizzo per la consegna dei sogni?”
I pappagalli, facendo il girotondo, cantarono:
“Craa, craa, la via che non c’è, nella casa invisibile al numero senza numero! Ciao, ciao, Mary Poppins, noi siamo liberi, craa, craa, andiamo a sognar.”
Mary sorrise, salutò i pappagalli e se ne andò pedalando.
Nel giardino fantastico c’erano bancarelle cariche di dolciumi, giostre per tutte le età, giocattoli incantati sparsi intorno e un carretto delle meraviglie pieno di libri magici che si sfogliavano sfiorandoli con il solo pensiero. C’era anche un albero parlante, con i rami piegati verso il basso, che raccontava fiabe e regalava frutti speciali e succosi da gustare.
I pappagalli, svolazzando qua e là, facevano da guide un po’ distratte, accompagnando i viaggiatori a destra e a sinistra. Un piccolo gruppo stava seguendo l’uomo che sembrava un orco.
Camminava determinato con il suo valigione ed era seguito dalla moglie, che portava una borsa mezza aperta, da cui sbucavano cianfrusaglie di ogni tipo. Dietro di loro c’erano l’esploratore, la principessa dagli occhi azzurri e infine la turista con il cappello di paglia.
Guidati dai pappagalli, si dirigevano verso una strana costruzione in fondo alla piazza, ma mentre si avvicinavano si accorsero che era un vecchio teatro trascurato e decadente. Sembrava fuori moda, ma con dettagli architettonici affascinanti. Un odore di polvere e legno antico usciva dal portone socchiuso, contribuendo all’atmosfera particolare del luogo.
I cinque strani personaggi non erano altro che attori, pronti ad esibirsi in uno spettacolo di sorprese, illusioni e meraviglie. L’ingresso era libero.
Nel teatro, una musica in sottofondo, che si sentiva anche da fuori, li accompagnò fino al palco.
L’incanto del luogo e la curiosità spinsero anche tutti gli altri viaggiatori, compreso il nonno e il nipote, ad entrare per assistere a uno spettacolo inaspettato.
Non fecero in tempo a prendere posto sulle poltrone consumate dal tempo, che all’improvviso apparvero colombe bianche svolazzanti sopra le loro teste.
L’orco si rivelò essere in realtà un mago che, in un batter d’occhio, cambiava i suoi abiti di scena: un solo movimento, un soffio, e pluff! ne indossava un altro e poi un altro ancora.
Ai lati del palco, un gioco di specchi trasformava alcuni oggetti in forme contorte, mentre carte nascoste nelle poltrone degli spettatori apparivano e sparivano, mescolandosi magicamente. Ma l’abilità del prestigiatore creava l’illusione d’indovinare sempre la carta scelta dagli spettatori.
All’improvviso, come per incanto, apparvero la principessa e l’esploratore. Al loro seguito, scintille di fuoco a forma di stelle invasero il teatro.
“Che spettacolo, che meraviglia!”
Il palco si illuminò completamente ed il mago, facendo vibrare in aria la sua bacchetta magica, come un direttore d’orchestra, dette vita ad una musica da ballo. Era un valzer e, al suo ritmo, i due attori, ora divenuti ballerini, iniziarono a danzare sulle note. Guidati dal mago, lievitarono in aria facendo acrobazie.
Nel frattempo, la moglie del mago, che era un po’ maga anche lei, nel centro del palcoscenico aprì la sua borsa di cianfrusaglie e ne uscirono fuori palle, cerchi, birilli. La turista apparve al suo fianco e insieme diedero il via a uno spettacolo di giocoleria a ritmo di musica.
Sul finire del valzer, sia i ballerini che i giocolieri svanirono in una nuvola di fumo e luci ed, incredibilmente, anche il palco diventò invisibile.
Gli spettatori trattennero il fiato increduli e meravigliati, applaudendo e sorridendo, mentre il Mago Orco ringraziava il pubblico con un inchino.
Lo spettacolo si era concluso.
Stupefatti ed increduli, i viaggiatori uscirono dal teatro, ma la magia continuò anche durante il loro cammino verso la stazione.
Il paese era tutto un incantesimo ed il nipote e il nonno ne erano al centro, protagonisti inaspettati di un’avventura senza tempo. Tanto era grande la meraviglia, che non sapevano neppure da quanto fossero lì.
Guidati dai pappagalli svolazzanti, raggiunsero di nuovo la piazza principale insieme a tutti gli altri passeggeri. Dalla stazione, non lontana, segnali luminosi avvisavano della partenza imminente del treno 18674.
“Attenzione, attenzione, il Treno numero 18674 è arrivato in stazione. Partenza imminente per destinazione: Stazione di Ritorno. Tempo ancora incerto ma non ci si preoccupa. Popcorn caldi, cartoline di ricordo e bacchetta quasi magica inclusi nel costo del biglietto.”
Mentre i viaggiatori salivano a bordo, i pappagalli vibravano nell’aria in segno di saluto, poi volarono via verso l’orizzonte insieme a Mary Poppins.
Il treno si mosse lentamente, senza scosse. Dai finestrini, i passeggeri vedevano il paese allontanarsi mentre i vagoni si immergevano di nuovo nella nebbia.
In un batter d’occhio, erano già tornati al punto di partenza: la piccola stazione del paese.
Era un tardo pomeriggio estivo e i viaggiatori scesero uno dopo l’altro, ancora stupefatti per quel viaggio inaspettato. Tutti bisbigliavano tra loro, scambiandosi impressioni su ciò che avevano vissuto.
Il nonno e il nipote decisero di fermarsi a prendere un gelato prima di tornare a casa. Si avvicinarono al bar della stazione e, senza esitazione, ordinarono due coni con i loro gusti preferiti: fragola e pistacchio.
Appena presero il gelato, si voltarono verso i binari e rimasero senza parole. Il treno che li aveva accompagnati non c’era più. Ma non solo: anche tutti gli altri viaggiatori erano svaniti nel nulla, senza lasciare alcuna traccia.
Da dietro la colonna con l’orologio, il Capo Stazione, con la sua borsetta a tracolla e la paletta in mano, alzò la testa e, con un cenno di saluto, sollevò il cappello sorridendo. Poi si incamminò fischiettando lungo il marciapiede deserto.
Il nonno e il bambino lo salutarono con entusiasmo, poi si presero per mano. Mentre gustavano il loro gelato alla fragola e pistacchio, parlavano felici di quella straordinaria avventura.
Sembrava quasi fosse stato un sogno.
Ma si sa, realtà e fantasia si prendono spesso per mano.
Proprio come il nonno e il bambino, mentre camminavano verso casa, immersi nei colori dorati del tramonto.
Alla Stazione del Paese, sotto una lunga pensilina di legno, rotaie d’acciaio a destra e a sinistra permettevano ai treni di sfrecciare velocissimi. Ma ogni tanto, alcuni si fermavano e ripartivano senza esitazione, dopo aver fatto scendere e salire i passeggeri.
Il nonno aveva promesso più volte al nipote di portarlo a visitare la stazione ferroviaria vicino a casa, ed era proprio lì, in piedi sul marciapiede accanto a lui, che per la prima volta aspettava l’arrivo di un treno. Dopo qualche minuto si sentì un campanello seguito dall’annuncio dell’arrivo.
“Treno numero 75265 in arrivo sul binario 2. Viene da quel posto per andare in quell’altro. Fate attenzione e salite se è il vostro. Aspetta poco perché è in ritardo, tanto per cambiare...”
Dopo poco, la locomotiva si avvicinò rapidamente e, rallentando, arrivò di fronte a loro in un attimo.
Il bambino non aveva mai visto nulla di così impressionante. Aggrappandosi ai pantaloni del nonno, si nascose e urlò:
“Aiuto, aiuto, aiuto!”
Ai suoi occhi il treno appariva come un gigante di ferro, decorato con strani disegni e incredibilmente misterioso. Una macchina viaggiante su rotaie. Un lungo serpente meccanico, veloce come una saetta: impressionante e sconosciuto, ma allo stesso tempo affascinante.
I passeggeri in arrivo scesero dalle porte aperte dei vagoni, e quelli pronti per la partenza salivano subito dopo. Altri andavano avanti e indietro con il loro bagaglio, controllando gli orari sui tabelloni luminosi e montando sul treno che li avrebbe portati dove desideravano.
“Forse non è un mostro come sembra. Gli adulti non hanno paura come me.”
Pensava il bambino, facendosi coraggio e guardando il nonno, che gli sorrideva prendendolo per mano. Rimasero per un po’ alla stazione, seduti sulla panchina a guardare i treni passare, il capostazione che fischiava e la gente che andava e veniva.
Sul tramonto, il nonno comprò due gelati alla fragola e pistacchio dal bar della stazione e, gustandoseli, si incamminarono felici verso casa.
Alcuni giorni dopo era il compleanno del nipote. Il nonno non aveva avuto dubbi sul regalo. Tornarono alla stazione e, una volta procuratisi due biglietti, gli disse:
“Adesso sei abbastanza grande per viaggiare, quindi partiamo per questa tua prima avventura. E vedrai quante ne vivrai quando diventerai grande.”
I biglietti erano piuttosto particolari. Infatti, quando il nonno aveva fatto presente che erano per il primo viaggio del nipotino, l’impiegato allo sportello chiamò il Capo Stazione che, una volta aggiornato sulla situazione, tirò fuori dal taschino due biglietti colorati con scritto sopra:
Destinazione: Stazione Fine Della Corsa
Treno Numero 18674
Validi per Andata e Ritorno
Binario: 2 e 1/2, quasi 3
Validi se c’è il sole, piove, nevica, o tira vento
Popcorn e souvenir ricordo inclusi
“Boh, che strano.”
Pensò il nonno, grattandosi la testa sotto il cappello.
“Ma come tutti sanno bene, del Capo Stazione ci si può fidare.”
Quindi prese per mano il nipotino e si incamminarono verso il Binario 2 e 1/2, quasi 3.
Alcune panchine erano occupate da passeggeri in attesa, ma una era libera e così si sedettero l’uno vicino all’altro. L’emozione vibrava nell’aria come stormi di uccelli migranti verso terre lontane, e l’immaginazione per l’avventura che stava per iniziare cominciò a prendere forma, mentre un venticello leggero sfiorava i loro volti.
Il treno era in arrivo!
Un fischio, uno stridio dei freni mentre la locomotiva rallentava, e poi il ronzio dei motori. L’annuncio vocale confermò l’arrivo e la destinazione esatta:
“Attenzione, attenzione, Treno Numero 18674 in stazione. Partenza imminente per destinazione: Stazione Fine Della Corsa. Tempo incerto durante il viaggio, ma va bene così perché tanto non ci si può far niente. Popcorn caldi e croccanti serviti per tutta la durata del viaggio.”
Una volta fermatosi completamente, le portiere si aprirono con un lieve cigolio. Nessuno scese, ma salirono molte persone e in poco tempo tutti i sedili furono occupati, tranne uno in fondo al vagone, dove il nonno si accomodò e il nipote, seduto sulle sue ginocchia, si sentiva al sicuro.
Il bambino osservava con attenzione tutto ciò che lo circondava. Nel vagone, alcuni sedili erano girati in avanti ed altri indietro.
“Quali seguivano la direzione giusta?”
Si chiese per un secondo, ma immediatamente con la sua creatività e fantasia, iniziò a trasformare i viaggiatori in pedine su una scacchiera, pronte per un gioco immaginario.
C’era un uomo molto alto e grosso in piedi, all’inizio del vagone, con barba lunga e capelli scuri.
“Ecco un orco!”
Vicino a lui, una donna paffuta e con lineamenti marcati.
“Sicuramente è la signora orca.”
Al centro del vagone, una ragazza bionda con occhi celesti intenta a leggere sul telefonino.
“Ecco una principessa!”
Un uomo super tatuato, con tre orecchini per ogni orecchio e storie incise sulla pelle, aveva un’aria da chi ne ha viste di tutti i colori.
“Ecco un esploratore!”
Un po’ più indietro, una ragazza con un cappello di paglia in testa, grande quasi da coprirle il volto, un abito leggero e braccialetti che le adornavano i polsi:
“Ecco una turista!”
“Come era possibile collegare in una storia tutti quei personaggi fra di loro così diversi?”
Si stava chiedendo mentre il treno iniziò a sbuffare sempre più forte, attraversando pianure, gallerie e colline, finché la voce dell’altoparlante annunciò:
“Attenzione, attenzione, il treno è in arrivo alla Stazione Fine Della Corsa. Invitiamo tutti i passeggeri a prepararsi alla discesa.”
Un rallentamento, poi una frenata leggera, fino a fermarsi.
“Wow! Stupefacente!”
Le porte del treno non si aprirono, ma le pareti laterali scesero fino a terra, permettendo ai viaggiatori di camminare direttamente sul marciapiede.
Una leggera foschia oscurava la visuale della stazione, ma il gruppo sceso dal treno fu inebriato da un odore di prelibatezze tostate e zucchero filato. Seguendo la dolce scia profumata, raggiunsero una grande piazza con al centro una statua dalla cui bocca gigantesca uscivano getti d’acqua e, tutto intorno, un giardino fantastico.
Quando la nebbia si dissolse completamente, uno stormo di pappagalli dai colori brillanti e chiacchierini apparve dal nulla e iniziò a volteggiare. Poi, ad un tratto:
“Che sorpresa, guardate chi c’è!”
Esclamarono tutti in coro.
Mary Poppins, in bicicletta e con il suo inseparabile ombrello, stava pedalando nel giardino.
“Perché sei qui?”
Chiesero i pappagalli, curiosi e furbetti.
“Sono qua a raccogliere, nell’ombrello rovesciato, i desideri dei bambini. Poi i miei amici spazzacamini li riconsegneranno alle loro case, trasformati magicamente in sogni pronti per essere realizzati.”
“Craa, craa, anche noi abbiamo un desiderio: volare intorno al mondo senza meta e senza fretta.”
“Bene, bene,” rispose Mary Poppins. “Qual è il vostro indirizzo per la consegna dei sogni?”
I pappagalli, facendo il girotondo, cantarono:
“Craa, craa, la via che non c’è, nella casa invisibile al numero senza numero! Ciao, ciao, Mary Poppins, noi siamo liberi, craa, craa, andiamo a sognar.”
Mary sorrise, salutò i pappagalli e se ne andò pedalando.
Nel giardino fantastico c’erano bancarelle cariche di dolciumi, giostre per tutte le età, giocattoli incantati sparsi intorno e un carretto delle meraviglie pieno di libri magici che si sfogliavano sfiorandoli con il solo pensiero. C’era anche un albero parlante, con i rami piegati verso il basso, che raccontava fiabe e regalava frutti speciali e succosi da gustare.
I pappagalli, svolazzando qua e là, facevano da guide un po’ distratte, accompagnando i viaggiatori a destra e a sinistra. Un piccolo gruppo stava seguendo l’uomo che sembrava un orco.
Camminava determinato con il suo valigione ed era seguito dalla moglie, che portava una borsa mezza aperta, da cui sbucavano cianfrusaglie di ogni tipo. Dietro di loro c’erano l’esploratore, la principessa dagli occhi azzurri e infine la turista con il cappello di paglia.
Guidati dai pappagalli, si dirigevano verso una strana costruzione in fondo alla piazza, ma mentre si avvicinavano si accorsero che era un vecchio teatro trascurato e decadente. Sembrava fuori moda, ma con dettagli architettonici affascinanti. Un odore di polvere e legno antico usciva dal portone socchiuso, contribuendo all’atmosfera particolare del luogo.
I cinque strani personaggi non erano altro che attori, pronti ad esibirsi in uno spettacolo di sorprese, illusioni e meraviglie. L’ingresso era libero.
Nel teatro, una musica in sottofondo, che si sentiva anche da fuori, li accompagnò fino al palco.
L’incanto del luogo e la curiosità spinsero anche tutti gli altri viaggiatori, compreso il nonno e il nipote, ad entrare per assistere a uno spettacolo inaspettato.
Non fecero in tempo a prendere posto sulle poltrone consumate dal tempo, che all’improvviso apparvero colombe bianche svolazzanti sopra le loro teste.
L’orco si rivelò essere in realtà un mago che, in un batter d’occhio, cambiava i suoi abiti di scena: un solo movimento, un soffio, e pluff! ne indossava un altro e poi un altro ancora.
Ai lati del palco, un gioco di specchi trasformava alcuni oggetti in forme contorte, mentre carte nascoste nelle poltrone degli spettatori apparivano e sparivano, mescolandosi magicamente. Ma l’abilità del prestigiatore creava l’illusione d’indovinare sempre la carta scelta dagli spettatori.
All’improvviso, come per incanto, apparvero la principessa e l’esploratore. Al loro seguito, scintille di fuoco a forma di stelle invasero il teatro.
“Che spettacolo, che meraviglia!”
Il palco si illuminò completamente ed il mago, facendo vibrare in aria la sua bacchetta magica, come un direttore d’orchestra, dette vita ad una musica da ballo. Era un valzer e, al suo ritmo, i due attori, ora divenuti ballerini, iniziarono a danzare sulle note. Guidati dal mago, lievitarono in aria facendo acrobazie.
Nel frattempo, la moglie del mago, che era un po’ maga anche lei, nel centro del palcoscenico aprì la sua borsa di cianfrusaglie e ne uscirono fuori palle, cerchi, birilli. La turista apparve al suo fianco e insieme diedero il via a uno spettacolo di giocoleria a ritmo di musica.
Sul finire del valzer, sia i ballerini che i giocolieri svanirono in una nuvola di fumo e luci ed, incredibilmente, anche il palco diventò invisibile.
Gli spettatori trattennero il fiato increduli e meravigliati, applaudendo e sorridendo, mentre il Mago Orco ringraziava il pubblico con un inchino.
Lo spettacolo si era concluso.
Stupefatti ed increduli, i viaggiatori uscirono dal teatro, ma la magia continuò anche durante il loro cammino verso la stazione.
Il paese era tutto un incantesimo ed il nipote e il nonno ne erano al centro, protagonisti inaspettati di un’avventura senza tempo. Tanto era grande la meraviglia, che non sapevano neppure da quanto fossero lì.
Guidati dai pappagalli svolazzanti, raggiunsero di nuovo la piazza principale insieme a tutti gli altri passeggeri. Dalla stazione, non lontana, segnali luminosi avvisavano della partenza imminente del treno 18674.
“Attenzione, attenzione, il Treno numero 18674 è arrivato in stazione. Partenza imminente per destinazione: Stazione di Ritorno. Tempo ancora incerto ma non ci si preoccupa. Popcorn caldi, cartoline di ricordo e bacchetta quasi magica inclusi nel costo del biglietto.”
Mentre i viaggiatori salivano a bordo, i pappagalli vibravano nell’aria in segno di saluto, poi volarono via verso l’orizzonte insieme a Mary Poppins.
Il treno si mosse lentamente, senza scosse. Dai finestrini, i passeggeri vedevano il paese allontanarsi mentre i vagoni si immergevano di nuovo nella nebbia.
In un batter d’occhio, erano già tornati al punto di partenza: la piccola stazione del paese.
Era un tardo pomeriggio estivo e i viaggiatori scesero uno dopo l’altro, ancora stupefatti per quel viaggio inaspettato. Tutti bisbigliavano tra loro, scambiandosi impressioni su ciò che avevano vissuto.
Il nonno e il nipote decisero di fermarsi a prendere un gelato prima di tornare a casa. Si avvicinarono al bar della stazione e, senza esitazione, ordinarono due coni con i loro gusti preferiti: fragola e pistacchio.
Appena presero il gelato, si voltarono verso i binari e rimasero senza parole. Il treno che li aveva accompagnati non c’era più. Ma non solo: anche tutti gli altri viaggiatori erano svaniti nel nulla, senza lasciare alcuna traccia.
Da dietro la colonna con l’orologio, il Capo Stazione, con la sua borsetta a tracolla e la paletta in mano, alzò la testa e, con un cenno di saluto, sollevò il cappello sorridendo. Poi si incamminò fischiettando lungo il marciapiede deserto.
Il nonno e il bambino lo salutarono con entusiasmo, poi si presero per mano. Mentre gustavano il loro gelato alla fragola e pistacchio, parlavano felici di quella straordinaria avventura.
Sembrava quasi fosse stato un sogno.
Ma si sa, realtà e fantasia si prendono spesso per mano.
Proprio come il nonno e il bambino, mentre camminavano verso casa, immersi nei colori dorati del tramonto.